Belief - Dare

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  1. Mezza
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    Cosa succederebbe se quel particolare rock melodico già, con successo, sperimentato dai Dare nel precendente disco Calm Before the Storm si imbastardisse ancora di nuovi elementi, magari di sonorità legate alla musica ambient e al folklore delle terre nordiche del Regno Unito?

    La risposta a questo quesito sta tutta nell'arco di tempo che intercorre tra Calm Before the Storm (1998) e Belief (2001). 3 anni per sedersi su una seggiola, ragionare una nuova frontiera della musica, comporla, suonarla e registrarla. Un tempo neppure troppo esteso, specie per i Dare che sono soliti far intercorrere lunghi periodi tra un disco e l'altro. Ma che ci volete fare, se Gesù Cristo è stato in grado di predicare tutto il suo credo in soli tre anni, non vorrete mica che Darren Wharton non sia in grado di riscrivere ancora una volta la storia della musica nello stesso arco di tempo? Eh no dai.. e non venitemi poi a dire che lo paragono sempre a Quello lassù, che non è mica colpa mia se tutto continuamente tra i due si intreccia..

    Fatto sta che nel 2001 Belief è dato alle stampe, con questa copertina:

    image

    Si, non è proprio il massimo della bellezza, anzi, i tre faccioni messi così in primo piano sono anche piuttosto brutti, ma attenzione che anche qui il messaggio è dietro l'angolo. Noi ci mettiamo la faccia. Nel senso, il titolo del disco è Belief, che in italiano si traduce con Fede che, a scanso di Emilio.. ehm, equivoci.. significa che tutto ciò che l'album esplicherà viene dal cuore come da una certezza interiore di giustizia e verità. Insomma, credono nelle loro musiche, come nelle loro parole, come in loro stessi. Tripudio e clamore.


    Lo scorrere delle acque. Rumori dal cielo, l'arrivo calmo e lento di una tempesta. Si apre così l'album, esordisce così il primo brano Silent Thunder, è così che entra in gioco fin dalla prima canzone una nuova strumentazione, fatta più a misura d'uomo, più legata alla terra natia, più folkloristica. Cornamuse, violini e flauti (e sorridendo mi verrebbe quasi da dire Dare meets Pink Floyd meets Jethro Tull meets The Dubliners) si legano e intrecciano alla classica strumentazione rock. E mentre la chitarra acustica e le dolci melodie di tastiera accompagnano la voce, di nuovo angelica, di Darren Wharton, questi nuovi strumenti colorano la scena, profumano l'ambiente, arricchiscono il suono. La natura si fa ancora una volta musica, fa vivere i sogni nella nostra mente, li accompagna fino dentro al nostro cuore. E' questo il messaggio di Silent Thunder. Come un tuono che si innalza nel mio cuore cuore, un silenzioso tuono nella mia anima, recita il testo, e l'uomo resta in estasi di fronte allo spettacolo di un alba, di un tramonto, di una tempesta con la nebbia su una vallata. Posso sentire gli angeli al mio fianco, e come è bello provare tutto ciò, canta Darren sostenuto dallo stupendo accompagnamento delle cornamuse, e il rock e il folklore si incontrano e si baciano ritmicamente come vecchi amanti, in un tutt'uno che raggiunge calore, sensualità e potere pari a un tanto atteso rapporto sessuale.

    Secondo brano è Dreams on Fire, che apre con la voce di Darren che sussurra when I was a boy long time ago. Già si capisce che il pezzo parlerà dei sogni giovanili, del loro potere, del loro rimanere saldi nella mente anche in età matura. Sogni tramutati in musica attraverso l'uso ancora una volta sapiente delle cornamuse, che sostituiscono praticamente la chitarra elettrica per l'intera durata del brano. Il valore dei sogni a incrociarsi con momenti passati e scorci di natura, in un continuo tendere a qualcosa, all'infinito quasi. Con i miei sogni infuocati e il cuore nelle mie mani noi siamo chi noi siamo e adesso so chi davvero sono stanotte. Rivelazione. Ma colpisce ancora di più la magia della scena descritta nel secondo verso: dalla riva si muovono le maree, se lo cerchi (il sogno) non si nasconderà e le bandiere voleranno finalmente spiegate. E tutto si chiude con un assolo a metà flauto a metà chitarra. Brano ricco di sfumature.

    White Horses, col suo sottotitolo Lion's Heart, è uno dei brani più riusciti e famosi del disco, tanto da essere saldamente eseguito in sede live. L'incipit è totalmente acustico e dominato dalla chitarra e dalla tastiera. Poi a innalzarsi è la sola voce di Darren, eccelsa e altisonante nel suo narrare la storia di un giovane coraggioso (per questo con un cuore di leone) che parte, probabilmente arruolandosi, su una nave, lasciandosi alle spalle la sua terra e la sua amata, che lo saluta sorridendo orgogliosa della sua scelta. Ecco allora il ritornello: c'è una luce all'orizzonte stanotte e lui ha al suo fianco i suoi cavalli bianchi, e lei sussurra piano ai cieli: ''cavalli bianchi dategli forza''. Un immagine bellissima, i cavalli bianchi, candidi, puri, che cavalcano il suo cuore, sempre al suo fianco, come sogni, speranze, carezze e affetto. ..and she stands on that shore, and it feels like rain.., nonostante il dolore è però forte, sa che tornerà e che lo abbraccierà ancora.. and the love still remains... Lacrimuccia.

    Quarto brano è l'omonimo Belief. Darren si rivolge al figlio: ehi tu, con quella luce negli occhi. Il pargolo era rapito dal paesaggio, dal mondo intorno a lui. Non aver paura, la tua vita è appena iniziata, dice, e avrai ancora modo di vivere altri momenti come questo. E il mondo intanto si muove attorno a loro, il clima cambia e il ritmo del pezzo si fa più incalzante, abbandonando la base di chitarra acustica + tastiera per lasciare l'ingresso a batteria, basso e tutto il resto. Non guardati indietro, vivi ciò che sta accadendo, lo invita ad osservare il presente, a godersi gli istanti senza rimpianti, pensieri o quant'altro. Da notare, oltre all'accompagnamento folkloristico sempre ben riuscito, la splendida voce femminile di Sue Quinn a dare contorno e profondità ulteriore al pezzo. Across the open sky, breath into his life, e il profumo delle sonorità dei Pink Floyd torna ad essere forte e presente all'interno della struttura del pezzo, specie nel lavoro di chitarre del sempre ottimo Andrew Moore.

    Run Wild Run Free è un altro racconto e ce lo conferma l'approccio stile lullaby della tastiera. Lei era nata in quel freddo inverno del '75, cresciuta tra le braccia di suo padre, una ricorrenza del rapporto padre-figlia che da continuità con il brano precedente. Una ragazza dal carattere forte e dall'elegante bellezza che deve aver condiviso qualcosa con Darren, forse l'amore, tanto che la seconda strofa esordisce dicendo: ero solo un ragazzo di 17 anni quando lei entrò nella mia vita. E il ritornello, di incredibile potenza e coralità, recita: corri feroce corri libera, spezza le catene che mi imprigionano, corri libera e nell'amore troverai la strada. Nella prima strofa era voce del vecchio padre, ora è recitato da lei. Perchè? Lo si capisce sul rilassato finale in fading del brano, come una camminata nell'oceano restano solo impronte nella sabbia. L'amore, a causa di qualche errore, di qualche incomprensione, si è rotto, ha lasciato spazio ad altri sentimenti, ed è ancora il solo ricordo a tener vivo il calore di quello che era il passato.

    E' il turno di We Were Friends, uno dei brani più belli in assoluto della carriera dei Dare, lasciatemelo già dire. E lasciatemi già aggiornarvi sul fatto che è dedicato ancora una volta a Phil Lynott, quindi ancora di più tanto di cappello. E' un brano molto sofferto, che apre con un rumore d'acque a cui si aggiungono synth e poi cornamuse a echeggiare nella vallata silenziosa. Entra poi una strepitosa chitarra a suonare melodie mai così strappalacrime, mai così derivate dal cuore, il tutto a simbolizzare il muoversi dei pensieri, l'avvicinamento allo spirito immortale di Phil su su nell'alto dei cieli.
    Entra poi Darren con voce affranta e l'emozione diventa insostenibile. C'erano momenti in cui non potevamo dirci di no come c'erano momenti in cui il freddo vento soffiava. E il cuore di Darren si apre e con sofferta semplicità giungono due interrogativi: E mi domandavo dove sei stanotte? Hai mai pensato a tutte quelle volte in cui ho creduto ciecamente in te?. Il dolore della lontananza, il dolore per un tipo di morte che era evitabile, che ancora addolora e fa sentire in qualche modo colpevole Darren, tanto che il secondo interrogativo è quasi rabbioso, quasi uno sfogo verso Phil, come per dire ''Mi fidavo di te e tu mi hai fatto questo? Sei volato via lasciandomi qui da solo?'' E così, mentre tutto fino ad ora era stato accompagnato da un suono lontano di cornamuse in sottofondo, l'incombere del ritornello fa si che rimanga la sola tastiera a seguire le melodie, in un apparente silenzio all'interno del quale Darren si rivolge all'amico con rinnovato affetto, quasi a scusarsi dello sfogo precedente: eravamo amici ma come abbiamo fatto in fretta a dimeticarlo, e mi stavo domandando come stai adesso, e tutte le parole che non ci siamo mai detti rimarranno nascoste nella tua testa per il resto della tua vita. Non è un errore, Darren si rivolge a Phil come se fosse vivo e ancora li con lui, come se lo vedesse e gli stesse parlando faccia a faccia. E' toccante. Sognerò i sogni per te, nello stesso modo in cui tu mi avevi indicato di fare, fino alla fine dei miei giorni. Come commentare un così dolce impegno verso l'amico scomparso? Il mio cammino sarà nel tuo nome, e solo per te andrò avanti. La forza della vera amicizia. Il ritmo del pezzo rimane dolce e intimo fino alla strofa: Now the endless trial is over, dopo la quale subentrano batteria e basso e tutto si fa un po' più rock, con l'aggiunta di nuovo della voce femminile a contornare le melodie, in un urlo che sta a rappresentare il dolore. Ho sentito il pianto dei falsi devoti e tu eri andato... Incredibile frase, una vera e propria denuncia. Finchè Phil era vivo e vegeto tutti, tra un successo e laltro, ad accusarlo di essere un tossicodipendente, criticandolo e infine isolandolo fino a lasciarlo solo alla sua fine. Ma dopo la morte tutti amici, tutti a piangere, tutti a osannarlo. Troppo facile dice Darren, troppo facile. E i sei minuti e 42, volati via come fossero stati due, si chiudono con un we were friends ripetuto a perdersi.

    Tocca a Falling sospendere in parte il dolore e la sofferenza di We Were Friends attraverso un esordio dolcissimo: lei giace nel letto fino alle luci del mattino e le parole che ci siamo detti dipingono i suoi sogni, la guardo respirare vicina alle nuvole a cui appartiene. Il pezzo poi accelera, perchè la scena si sposta nel tempo e nello spazio, anni dopo e su un treno del mattino. Mentre il mezzo avanza nella fresca aria, Darren ripensa a quella ragazza di cui certamente era innamorato, e il desiderio di riaverla è espresso nel ritornello: vorrei cadere nella tua grazia ancora, sono perso in quel luogo ancora, nell'estate in cui ti ho amata, voglio essere ancora in quelle braccia a cui appartengo. Il ricordo è caldo, vivido, sentito e ancora ferisce. E nel secondo verso viene descritto il cambiamento, con la città ora fredda (non è più estate), con le strade spente, con il desiderio di chiamarla, di cercarla per tornare tra quelle braccia. E dopo un assolo molto ben riuscito, il pezzo chiude con un testamentario: ..I cant' forget those summer days together, and this city streets are colder now your gone..

    Where Will You Run To torna a presentare forti le influenzerock. E' un pezzo particolare, dalla chitarra viva, ma soprattutto a metà sfogo, a metà consolazione. Vai via, non esitare amico mio e ancora Capisci quello che hai perso per sempre amico mio?. Un amico che non riesce a reagire e deve essere spronato ad anadarsene cambiando vita o un amico che è stato menzoniero e merita di essere lasciato solo? Boh. Il ritornello di certo non spiega meglio con il suo: Dove corri adesso che la notte è finita amico mio?. Nella seconda strofa Darren afferma che la facciata è ormai rotta e adesso capisci quanto ti è costato tutto ciò ma che ancora lo sente chiamare il suo nome. Mistero. Quel che è certo è che la chitarra si mantiene viva su tutto il pezzo, sia nei riff che nel bellissimo assolo, innalzato al tempo e allo spazio, facendo quasi botta e risposta con la voce.

    Inizia qui il trittico finale di pace e relax. Take me Away è un grido, un sogno, una speranza. Ma è soprattuttto poesia. E' un pezzo di un silenzio, di una tranquillità mai toccata prima. E' una carezza di 5 minuti esatti. Domina ancora la voce di Darren che si innalza su su fino al ritornello, splendido. E' una fuga dalla realtà, dal caos del mondo moderno. Fammi stare nel sole ancora a sentire il calore sul mio volto, voglio correre nella campagna ancora, sentire l'erba sotto i miei piedi, sul ritornello portami via verso un mondo dove l'aria è pulita, dove le stelle luccicano accese, dove le nubi hanno linee dorate e castelli dorati per me e te, amore mio, sono solo alcune delle delicate frasi di questo brano, che ha nella chitarra elettrica uno dei maggiori punti di forza, col suo essere sempre presente ma nascosta all'interno delle melodie.

    Prosegue il cammino il penultimo brano Promised Land. I can see the promised land through my broken dreams è l'esordio sussurrato della canzone. La terra promessa, il luogo da raggiungere e che tutti noi dovremo prima o poi raggiungere, una sorta di paradiso. Portamici chiede Darren, voglio andarci. E mentre la parte delle strofe prosegue sulla falsa riga del brano precedente, il ritornello torna a essere maggiormente rock. Al minuto 2 e 30 è bellissimo il rallentamento climatico che poi riaccelera via via fino all'urlo di Darren che sprigiona, dopo un bell'ingresso di batteria battente, l'assolo di chitarra. Portami alla tua terra promessa, prendi il fuoco dalle mie mani, portami al tuo sole nascente, e quando la mia vita sarà finita verrò da te, e il pezzo si chiude con il ripetersi a sfumare della frase on the edge of darkness I can hear you call, on the edge of darkness to the promise land. Sognante desiderio di vita.

    Phoenix, un pezzo dolcissimo, un assoluta ballata che chiude in un sussurro questo album. Ed è ancora il testo e la voce di Darren a regnare sovrana su arpeggi di chitarra acustica e tanto sottofondo di violini, synth, tastiere e voce femminile. Il canto è sussurrato quasi, e il brano prende le forme di una canzone intima, privata. Dimmi perchè le stagioni cambiano e c'è della pioggia sulla mia testa, dimmi perchè rimane l'amore e le promesse che mi hai fatto sono invece infrante. Ancora l'amore lontano, forse finito, a tormentare Darren. Dirò addio all'estate, dirò addio a te, dirò addio all'inverno, è tutto ciò che posso fare. E' la tacita rassegnazione di uno uomo sconfitto ma che sa che come una fenice dalle fiamme troverò la forza di reagire ancora. Perchè la speranza di un domani migliore, di una risurrezione, è sempre alla base della mentalità di Darren Wharton.


    Un mix di emozioni, di suoni, di strumenti, di climatiche, di profumi, di rumori e di sensazioni. Ecco cos'è Belief. Ecco perchè è un disco che non stanca, ecco perchè è un disco che, seppur spiazzando a primo impatto l'ascoltatore per il suo essere tutto quasi forse troppo, lo rende da lui totalmente dipendente. Un altro esperimento musicale perfettamente riuscito, un altro tassello del sogno a nomea Dare.
    E' strano ma è difficile fare un discorso generale di chiusura su questo disco, ci sarebbero troppe cose da dire, tutte troppo differenti tra loro per mantenere un filo unico e logico. Quel che è certo, è che è un disco assolutamente da sentire per tutti, ma soprattuto per i fan dei Pink Floyd e per gli amanti dell'ambient e del folk. Oltre che per chi ama i Dare e l'AOR e il melodico in generale. E' indirizzato verso chiunque necessiti di sentire qualcosa di tranquillo e rilassante. E' una carezza e una mano sulla spalla. Consola.

    1. Silent Thunder
    2. Dreams on Fire
    3. White Horses (Lions Heart)
    4. Belief
    5. Run Wild Run Free
    6. We Were Friends
    7. Falling
    8. Where Will You Run To
    9. Take Me Away
    10. Promised Land
    11. Phoenix

    Formazione

    * Darren Wharton - cantante, tastierista
    * Andrew Moore - chitarrista
    * Richard Dews - chitarrista
    * Julien Gardner - batterista


    VOTO: 98/100

     
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