Blood from Stone - DARE

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  1. Mezza
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    E ecco arrivato il momento di parlare di Blood from Stone, secondo capitolo della magia targata Dare. Ancora una volta non sarò assolutamente oggettivo. Bene.

    Iniziamo parlando di cosa accadde dopo l'uscita del disco d'esordio Out of the Silence. Beh, come era lecito aspettarsi vi fu una pioggia di recensioni estasiate e il disco vendette molto bene, assicurando ai Dare un lungo tour nel Regno Unito e non. Accanto a questi elogi, alcuni critici posero, in modo più o meno sfumato, un interrogativo importante.
    Ci fu chi con educazione chiese: ok Darren, le power ballad e i brani cromati li sai fare, ma con la roba più energica, più hard rock, come ti trovi?
    Ci fu invece chi, con malizia e maleducazione la tirò giù così: ok, bel disco, ma le palle quando le tirate fuori?

    Al che Darren Wharton si fece quasi venire un embolo, bestemmiò forte se stesso (Darren = Dio, ne avevamo già a lungo parlato), prese un fottutissimo pentagramma, una cazzo di penna e tirò giù un'altra apoteosi musicale, che diede alle stampe nel 1991.

    E ora è merda per tutti. Manco da dire che tutti coloro che avevano mosso critiche furono ritrovati o deceduti di esplosione cardiovascolare di fronte a tutta l'energia che Blood from Stone dirompe nell'aere musicale, oppure privi di testicoli, implosi per il disonore di aver dato del finocchietto a Mr. Darren Wharton. Non si meritavano altro.

    La vendetta divina non fu mai così dolce.

    Pronti via e "Wings of Fire" è un opener con i controcoglioni, che ancora non si distacca in modo sostanzialie dal disco d'esordio ma che già ha nella produzione un netto tassello di differenza. E' un mixaggio più stile USA di quello adoperato in precedenza (che era cromato, nitido), con chitarre più maschie, con più senso di sporcizia generale.
    E' un pezzo ricco di rimandi, molti dei quali derivativi del sound Thin Lizzy, specie se si ascolta il lavoro solista di Vinny Burns, ancora elemento maiuscolo all'interno della formazione.

    "We Don't Need a Reason" è il primo singolo dell'album e la risposta a tutto quanto detto su. Come tale, il brano dirompe nel nostro pannello auditivo come un rapido La Spezia-Genova fa nella stazione di Pontetto, nella quale fermano 3 treni al giorno, uno al mattino, uno al pomeriggio e uno alla sera. Insomma, a 140 km/h minimo. Violenta, cattiva, dirompente, e il treno targato Dare ti spettina, ti dilania i vestiti, ti stordisce con la sua velocità. Riffing da hard rock puro, quasi uno speed hard rock se esistesse. La voce di Darren, e qui parliamone, che si adatta perfettamente a questa violenza, si fa un po' Bon Jovi un po' Bryan Adams, ma mantenendo quel suo timbro sempre caldo e sentimentalmente artistico. Ancora qualche rimando Thin Lizzy ed è magia pura, e bella.

    "Surrender" tiene ancora su alto il metronomo, sparando subito in apertura lo splendido ritornello corale del pezzo e poi un preciso e massiccio riff di Burns. Pezzo sulla striscia del precedente ancora per violenza di impatto e velocità esecutiva. Onore al merito agli assoli, ispiratissimi e egregiamente eseguiti. Ed è poi il turno di "Chains", con quel suo presentarsi countryeggiante. Facili i rimandi questa volta allo stile del primo Bon Jovi. Pezzo molto ispirato, con un ottimo lavoro di basso (e per una volta decantiamo le lodi di uno strumento forse troppo spesso dimenticato). Niente da dire, bel pezzo dal sound molto particolare.

    E' il momento della ballata, è il momento di "Lies". E' un pezzo sulla solitudine e sulle emozioni che si sprigionano nella mente di un individuo che si è appena allontanato da un amante che forse non lo ha soddisfatto, che forse lo pigliava davvero troppo per il culo. ''Everytime you cry, only lies''. Eppure ne sente la mancanza, il suo cuore è dilaniato, ma ''I don't wanna listen to lies'', basta menzogne meglio finirla qua anche se fa male. Darren ovviamente fa da padrone del pezzo con la sua voce calda e densa di sentimento, in un interpretazione del pezzo ancora una volta maiuscola.

    "Live to Fight Another Day" è un altro pezzo di magna energia, sullo stile di "We Don't Need a Reason". Chitarra rapida e concisa, supportata ottimamente dalla batteria (adoro il lavoro di piatti nelle strofe). Bellissimo il refrain post ritornello, questa volta ci sono un po' meno cori, o almeno, i cori sono meno marcati che in altri pezzi. Vivo per combattere un altro giorno, beh, il tono della battaglia è reso benissimo.

    "Cry Wolf" è una ballata ambientale sullo stile espresso in Out of the Silence. Ah ah, si certo, per i primi 40 secondi però! Dopo di che, con un ingresso che è una mazzata unica, torna ad essere l'esplosione tipica di questo lavoro. Secondo il mio gusto personale, questo è il brano con il miglior ritornello del disco.

    Ancora ricordi di Bon Jovi in "Breakout" e ancora ritmiche serrate, rapide e dense di energia. ''Scateniamoci'' è il titolo, scatenato è il pezzo. Ancora perfezione. E sulla stessa lunghezza d'onda è l'ultimo pezzo cattivo del disco, "Wild Heart", nona traccia dell'album e nono sigillo all'hard rock. Particolarità: in questo pezzo c'è l'utilizzo di quella sorta di wah wah vocale elettronico (non so come si chiami) che poi Bon Jovi farà totalmente suo in pezzi come It's My Life. Va a finire che da ispirato Darren è diventato ispirazione? La verità è che non lo so.

    Chiude questo splendido disco la ballata "Real Love". ''I was lost baby, now I found real love''. Un elogio alla donna che ama davvero, che fa sua la vita di un uomo. Alla donna sincera, alla donna pura. Alla donna, non alla zoccoletta di periferia. E per la prima volta (notate che in un disco AOR non l'avevo ancora fatto) devo decantare le lodi di una tastiera che da il meglio di se in questo pezzo, quando in precedenza era dovuta stare al ruolo di sfumatura.

    Per concludere, Blood from Stone è un altro tassello fondamentale dell'AOR, questa volta visto nella sua chiave più dirompente ed energica. E' un disco più immediato, che ha saputo discostarsi notevolmente da un capolavoro indiscusso come Out of the Silence, con uno stile tutto suo ma allo stesso tempo fortemente ispirato da dischi più o meno contemporanei hard rock. E' ancora magia, non più di derivazione illusionistico-divina come il primo capitolo ma di derivazione atomico-esplosiva. Sentendolo, vi si rizzeranno i peli del culo, per dirla breve.


    VOTO: 99/100

    "Wings of Fire"
    "We Don't Need a Reason"
    "Surrender"
    "Chains"
    "Lies"
    "Live to Fight Another Day"
    "Cry Wolf"
    "Breakout"
    "Wild Heart"
    "Real Love"

    Darren Wharton - cantante
    Vinny Burns - chitarrista
    Nigel Clutterbuck - bassista
    Greg Morgan - batterista
    Brian Cox - tastierista
     
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0 replies since 4/12/2010, 10:34   47 views
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